Il ritratto apparve nel Salon del 1800 e fu realizzato sei anni dopo l'abolizione della schiavitù. Da molti viene considerato un simbolo dell'emancipazione dei Neri e del femminismo.
È interessante che il dipinto sia stato realizzato da una donna e che esprima un senso di parità, una comunione tra la pittrice e il soggetto ritratto.
All’epoca gli artisti, generalmente maschi, quando dipingevano un personaggio di colore o di qualsiasi altra etnia, di solito assumevano il controllo del soggetto colonizzato trasformandolo in un mimo, un ibrido o un feticcio. Nel corso della storia, gli artisti di sesso maschile lo hanno ripetutamente fatto, soprattutto nei confronti delle donne straniere. Eppure Marie Benoist non trasforma la donna in un simile oggetto.
Questo ritratto è un pezzo raro per i suoi tempi non solo per la scelta iconografica ma anche per il fatto che l’artista fosse una donna, cosa non comune in Francia nel 1800.
Inoltre, quando all’epoca i pittori dipingevano una persona di colore, non facevano che riaffermare in via figurativa la proprietà coloniale sulla popolazione nera. Lo studio di questo dipinto mostra invece che l'artista e il soggetto sono legati fortemente ed in grande equilibrio: hanno una parità di base in quanto donne che consente loro di superare tutte le barriere razziali, coloniali e sociali ancora così forti, anche oggi, nella società
Certo, non tutti leggono il quadro in questi termini e spesso, soffermandosi sulla nudità, vedono espressa una costrizione subita dal soggetto. Io credo invece che quella nudità così composta ne sublimi il valore mettendo in secondo piano la rappresentazione razziale ed esaltando invece la dignità della donna in senso universale.
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